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Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia

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    Obblighi di mantenimento dei figli e loro maggiore età: vale a dire fino a quando deve considerarsi perdurante l’obbligo dei genitori. Viene in rilievo il concetto di responsabilità genitoriale, il quale ha fatto ingresso nel nostro ordinamento, sulla scia di altre esperienze giuridiche straniere. Il quadro normativo è costituito dagli articoli 30 Cost., 14, 147, 148, 155 e 155–quinquies c.c., questi ultimi modificati e/o introdotti dalla legge 54/2006. La norma prevede che il giudice, valutate le circostanze, può disporre in ......

    Obblighi di mantenimento dei figli e loro maggiore età: vale a dire fino a quando deve considerarsi perdurante l’obbligo dei genitori.

    Viene in rilievo il concetto di responsabilità genitoriale, il quale ha fatto ingresso nel nostro ordinamento, sulla scia di altre esperienze giuridiche straniere.

    Il quadro normativo è costituito dagli articoli 30 Cost., 14, 147, 148, 155 e 155–quinquies c.c., questi ultimi modificati e/o introdotti dalla legge 54/2006.

    La norma prevede che il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico che, salvo diversa determinazione, viene versato direttamente all'avente diritto.

    Con il raggiungimento della maggiore età il diritto non viene meno automaticamente; la cessazione deve essere dichiarata dal tribunale in sede di revisione, secondo una prassi da tempo ribadita.

    Infatti l’obbligo permane fin tanto che il genitore interessato dimostri: 1) l'intervenuta indipendenza economica del figlio; ovvero (2) che il mancato svolgimento di un'attività dipenda da un atteggiamento di (colpevole) inerzia ovvero da un rifiuto ingiustificato.

    Si tratta di principio spesso formalmente enunciato, oggetto di acquisizione giurisprudenziale sin dagli anni cinquanta, oggi ripreso e fatto proprio dalla legge 54/2006.

    Le difficoltà stanno nell’interpretare il principio (di per sé abbastanza chiaro) a fronte della varietà dei casi, dovendo tener conto di diversi fattori di non sempre agevole lettura.

    Si pensi, solo a titolo d’esempio, alla necessità di tener conto: delle esigenze formative, in quanto realizzatrici della persona; dell’allungarsi dei percorsi scolastici e formativi, del giusto contemperamento tra la possibile sistemazione lavorativa, le legittime aspirazioni e la specifica preparazione; le difficoltà di inserimento nella specifica realtà lavorativa.

    Spetta al singolo giudice investito della questione valutare la situazione familiare per una corretta valutazione del caso concreto, tenuto conto dei dati ambientali.


    Possibilità per il figlio di agire in giudizio.

    La lettera della norma legittima un’interpretazione1 secondo la quale il legislatore avrebbe inteso conferire una autonoma capacità di agire in giudizio al figlio maggiorenne, escludendo una concorrente legittimazione del genitore.

    Dall'esame dei lavori parlamentari sembra tuttavia evincersi un diverso intento, dato che la prima proposta prevedeva il pagamento dell'assegno direttamente al figlio, mentre la versione definitiva l'ha sostituito con la formula “all'avente diritto” (che pertanto può essere anche il genitore con il quale il figlio convive).

    Va detto però che l’intervento di un terzo (in questo caso il figlio) in procedure che hanno come oggetto principale domande di separazione o divorzio crea problemi tecnico–processuali di sovrapposizione di istanze; così come problemi (questa volta sostanziali) si pongono allorché il figlio che avesse ottenuto il pagamento diretto dell’assegno, non lo versi ovvero non contribuisca alle spese del genitore con il quale conviva.

    Il problema è spinoso e ad esso non è stata data soluzione univoca: in giurisprudenza prevale la tendenza a ritenere la legittimazione del figlio concorrente con quella del genitore convivente, di modo che, in caso di inadempimento, entrambi possano agire per far valere la propria situazione giuridica soggettiva, secondo una prassi già invalsa e recentemente confermata2.

    Solo nel caso che il figlio maggiorenne non conviva più con uno dei genitori, si conviene ch'egli sia unico legittimato a far valere il diritto al mantenimento verso i genitori.


    Figli disabili.

    Innovativa nella legge 54/06 la previsione che parifica alla condizione dei figli minori quella dei portatori di handicap grave ai sensi della Legge–quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (L. 104/92). Il richiamato art. 3, comma 3 prevede: “Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici”.

    In pratica nei confronti dei figli disabili non viene meno il vincolo di solidarietà che in tal modo impone a ciascun genitore di contribuire alle sue necessità vita natural durante.

    1Sulla legittimazione attiva del figlio maggiorenne alla luce della riforma ex l. 54/2006 si veda G. Finocchiaro, assegno versato direttamente ai maggiorenni, Guida al Diritto, 2006, 11, pag. 40; A. Graziosi, Profili processuali della l.54/2006, in Dir. Fam. e pers., 2006, 1869.

    2Cass. 12/10/2007 n. 21437, in Famiglia e Diritto, n. 6/2008.