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Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia

  • figli maggiorenni

    Cassazione, sez. I, sentenza 27 febbraio – 11 giugno 2008, n. 15544.Con ricorso per la modifica delle condizioni del divorzio il padre si rivolgeva al Tribunale per ottenere l'azzeramento dell'assegno di mantenimento disposto in favore del figlio ormai trentenne. Il giudice di primo grado rigettava la domanda principale, accogliendo viceversa la domanda riconvenzionale dell'ex moglie disponendo l'aumento dell'assegno in favore del figlio. Impugnata la decisione nanti la Corte d'Appello, questa riteneva inaccettabile il quadro di riferimento prospettato, relativamente alla condizione ......

    Cassazione, sez. I, sentenza 27 febbraio – 11 giugno 2008, n. 15544.

    Con ricorso per la modifica delle condizioni del divorzio il padre si rivolgeva al Tribunale per ottenere l'azzeramento dell'assegno di mantenimento disposto in favore del figlio ormai trentenne. Il giudice di primo grado rigettava la domanda principale, accogliendo viceversa la domanda riconvenzionale dell'ex moglie disponendo l'aumento dell'assegno in favore del figlio.

    Impugnata la decisione nanti la Corte d'Appello, questa riteneva inaccettabile il quadro di riferimento prospettato, relativamente alla condizione psico–fisica del figlio, dipinto dal reclamante con toni tutt'altro che paterni.

    Ricorrendo in Cassazione il padre lamenta: 1) il protrarsi senza fine dell'obbligo di mantenimento a fronte dell'età avanzata del figlio, 2) l'aspetto parassitario dell'assegno a fronte della neghittosità del figlio, 3) l'avere egli costituito un nuovo nucleo familiare, con la conseguente necessità di far fronte alle necessità di un altro figlio.

    L'ultima delle argomentazioni è senz'altro la più debole: l'avere costituito una nuova famiglia non rappresenta motivo di esonero dell'obbligato verso le esigenze della disciolta famiglia, secondo un principio che può dirsi ormai acquisito1.

    L'aver posto su diversi piani di trattamento i figli nati da due matrimoni, così come i toni sferzanti usati nelle proprie rivendicazioni difensive, hanno senz'altro giocato a sfavore del ricorrente.

    I denunciati profili di illegittimità si sono appuntati soprattutto sulla protrazione indeterminata dell'obbligo in presenza di un'età avanzata del figlio.

    La Suprema Corte, nel confermare le pronunce di merito, considera inaccettabile il richiamo al solo criterio dell'età, svincolato da un esame complessivo del caso2.

    La pronuncia tocca l'aspetto più problematico dell'interpretazione della norma, laddove richiede una valutazione complessiva della vicenda, non disgiunta da profili socio–economici, che lascia all'operatore ampi margini di discrezionalità.

    La Cassazione ha ritenuto di dover inquadrare la fattispecie in una situazione limite, che non può essere valutata alla stregua dei normali canoni interpretativi della materia, nella quale assume prevalenza il riconoscimento di una condizione di difficoltà del figlio, affetto da handicap seppur non grave, comunque tale da consentirgli il diritto a fruire del doveroso aiuto di entrambi i genitori, nell'adempimento di un dovere di solidarietà familiare che nel sistema delineato dal legislatore assurge a criterio primario di riferimento.

    La vicenda mostra notevoli analogie con una precedente della Cassazione (sez. I, n. 23673 del 3/10–6/11/20063), laddove tuttavia quest'ultima è pervenuta a soluzione opposta.

    Nella pronuncia del 2006 la Corte, chiamata a valutare se fosse giustificato il rifiuto opposto dalla figlia trentenne, parzialmente invalida, alle proposte lavorative formulate dal padre, ha affermato il venir meno dell'obbligo di mantenimento, avendo ritenuto prevalente la circostanza costituita dall'avere la figlia rifiutato le offerte di lavoro pervenute dal padre, nonché l'aver già svolto in passato attività lavorative.

    Quest'ultima circostanza costituisce un punto fermo nell'elaborazione giurisprudenziale, in forza della quale non può permanere un obbligo di mantenimento nel caso in cui il figlio, ormai maggiorenne, abbia già avuto esperienze lavorative, con ciò solo dimostrando nei fatti la sua idoneità al lavoro.

    Come si vede nel contemperamento delle opposte esigenze, quella da una parte di assicurare un percorso formativo utile al miglior collocamento lavorativo dei figli, tenuto conto delle loro aspirazioni ed aspettative, e quella di non consentire rendite parassitarie, giocano diversi fattori la cui valutazione può risultare viziata da una lettura non sempre agevole del dato reale.

    Leggi la sentenza.

    1Tra le altre: Decreto Trib. Genova 3/04/03, confermato da Corte d'Appello Genova, 30/06/03, inediti.

    2In questo senso anche il precedente di Cass. 20/05/06 n. 11891 in D&G 2006, 25, 18.

    3in Guida al Diritto, 45/2006, pag. 30 e commento di M. Finocchiaro.

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