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Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia

  • affidamento adozione

    La sentenza del Tribunale per i Minorenni di Torino, qui in analisi (la n. 1 del 7 gennaio 2011), apre a diverse considerazioni su un tema molto delicato e complesso, la posizione del minore in casi di affidamento prolungati.L’ordinamento prevede, come sappiamo, strumenti d’intervento volti a risolvere situazioni in cui non è possibile assicurare al minore una crescita ed un’educazione adeguata all’interno della propria famiglia.Affinché il minore non subisca situazioni pregiudizievoli per la sua crescita, gli istituti previsti dall’ordinamento sono ......

    La sentenza del Tribunale per i Minorenni di Torino, qui in analisi (la n. 1 del 7 gennaio 2011), apre a diverse considerazioni su un tema molto delicato e complesso, la posizione del minore in casi di affidamento prolungati.
    L’ordinamento prevede, come sappiamo, strumenti d’intervento volti a risolvere situazioni in cui non è possibile assicurare al minore una crescita ed un’educazione adeguata all’interno della propria famiglia.
    Affinché il minore non subisca situazioni pregiudizievoli per la sua crescita, gli istituti previsti dall’ordinamento sono applicati rigidamente e scrupolosamente, soggiacendo ad una serie di criteri che volgono tutti verso la tutela incondizionata del minore.
    L’affidamento familiare è inteso nella volontà del legislatore come rimedio temporaneo non risolutivo da utilizzare quando il minore risulti momentaneamente privo di un ambito familiare idoneo.
    Ma quando tale stato di carente contesto familiare risulta essere prolungato e si concretizza uno stato di abbandono del minore dato da comportamenti omissivi dei genitori rispetto ai doveri di cura si apre la possibilità dell’adozione.
    Nel caso in esame, il minore, privo di un contesto familiare di riferimento, dato l’abbandono del padre dalla nascita ed una madre, che seppur interessata al figlio, risulta incapace di istaurarvi una relazione privilegiata anche perché affetta da problematiche sanitarie di epilessia e ritardo mentale, ha di necessità dovuto trovare collocazione in un contesto extrafamiliare, visto anche i mancati rapporti con i nonni sia paterni che materni.
    Tale collocazione, dapprima nelle forme di affidamento non residenziale su base temporanea si è poi trasformata, con l’aggravarsi delle condizioni della madre  in un affidamento residenziale permanente.
    Visto l’esito positivo e la durata dell’affidamento di ormai 6 anni, viene prospettata agli affidatari la possibilità di un’adozione in casi particolari del minore ex art. 44 l. 194/83, che gli stessi rifiutano e a cui fa seguito l’istanza, oggetto di sentenza del caso specie, di non luogo a provvedere in ordine alla dichiarazione di adottabilità del minore.
    Il Tribunale pur valutando negativamente l’atteggiamento degli affidatari apre a una diversa e complessa valutazione sullo stato di adottabilità del minore, ritenendo la dichiarazione dello stato di  abbandono, un turbamento per la situazione psicologica del bambino.  Il Tribunale considera quindi il comportamento della madre tale da non integrare i presupposti dello stato di abbandono nell’ottica di una possibile reversibilità della sua condotta di mancata assistenza al figlio, decidendo di prorogare per altri due anni l’affidamento familiare.
    Non sottace però le perplessità sulle figure genitoriali d’origine, dichiarando integrata la fattispecie dell’art. 330 c.c. e quindi decaduta la potestà genitoriale.
    Questa pronuncia evidenzia la complessità di provvedimenti a tutela del minore, che se da un lato devono rispondere a situazioni attuali di necessità, non riescono a dare soluzioni certe per il futuro, a questo rispondono soluzioni  spesso contradditorie ma che cercano nelle maglie della legge la soluzione più adatta al caso concreto.

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