Assegno di mantenimento per i figli nella separazione consensuale e adeguamento automatico
“Nel procedimento di separazione consensuale, il regolamento concordato tra i coniugi, pur trovando la sua fonte nell'accordo tra le parti, acquista efficacia giuridica soltanto al procedimento di omologazione. Pertanto, la clausola con cui i coniugi, al di fuori del procedimento di separazione, determinano l'obbligo delle contribuzioni patrimoniali nei loro rapporti o verso i figli, ove non sia riprodotta nel verbale omologato dal tribunale, ai sensi degli artt. 158 c.c. e 711 c.p.c., è inefficace, a prescindere dall'inclusione o meno nel ricorso per separazione, se le parti non l'abbiano espressamente richiamato, dovendo ritenersi assorbita dalle clausole incluse invece nel verbale” (Cass. 14/1984);
“Qualora l'assegno di mantenimento sia stato fissato, in sede di separazione consensuale di coniugi, con l'espressa previsione di una sua maggiorazione in correlazione dell' eventuale sopravvenienza di svalutazione monetaria, la domanda diretta a conseguire tale adeguamento, per il concreto verificarsi della svalutazione, non può essere contrastata in base alla mera allegazione del godimento di nuovi redditi da parte del coniuge beneficiario, ove non si deduca e dimostri che il confronto fra le rispettive situazioni patrimoniali in atto, rispetto a quelle esistenti al momento della separazione consensuale, sia caratterizzato da un deterioramento in danno del coniuge obbligato, ostativo all'adattamento medesimo” (Cass. 3323/1982);
“Il contributo di mantenimento cui il coniuge non affidatario è tenuto a favore dei figli in caso di separazione o divorzio non è governato né dal principio di disponibilità né dal principio della domanda, presupposti dell'ordinario processo civile, essendo il giudice titolare a riguardo di un potere–dovere improntato a difesa di un superiore interesse dello Stato alla tutela e alla cura dei minori. Nell'esercizio di tale potere, pertanto, il giudice non ha bisogno di domanda, né è vincolato dagli accordi fra i coniugi, sia per la deteminazione dell'assegno, sia per la sua eventuale indicizzazione, potendo procedere d'ufficio alla sua rivalutazione anche in appello” (Cass. 2043/1988);
“La regolamentazione e la quantificazione del concorso dei coniugi al mantenimento dei figli minori compiute in sede di separazione personale consensuale, non sono vincolanti per il giudice del divorzio, il quale ha facoltà di rivedere e modificare le relative statuizioni, alla stregua delle valutazione comparativa delle attuali possibilità economiche dei genitori, anche riguardo alla sopravvenuta svalutazione monetaria” (Cass. 2647/1981);
“L'art. 6 11° comma l.898 del 1970 (come sostituito dall'art. 11 l.74 del 1987)– il quale prevede che il giudice dello scoglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, nel fissare la misura dell'assegno di mantenimento relativo ai figli, determina anche un criterio di adeguamento automatico dello stesso, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria – è applicabile , in via analogica, anche all'assegno previsto dall'art. 155 c.c. in favore dei figli dei coniugi separati” (sulla base del principio di cui in massima, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza del giudice del merito, la quale aveva negato l'adeguamento automatico agli indici monetari del contributo fissato a favore dei figli in sede di separazione muovendo dall'erroneo rilievo che la possibilità di un aumento avrebbe potuto essere riesaminata soltanto in sede di modificazione delle condizioni di separazione, ove le esigenze dei figli fossero divenute pressanti). (Cass. 12136/2001).