I conflitti familiari e genitoriali spesso danno luogo ad interventi di vario genere disposti in ambito giudiziario: dalla consulenza tecnica, al monitoraggio dei servizi sociali, ai percorsi psicoterapeutici non meglio definiti, i cui obiettivi e ambiti d'intervento mal si conciliano con le esigenze giudiziarie e processuali che richiedono una definizione ed auspicabilmente una decisione in termini rapidi e certi, perché i tempi troppo spesso lunghi sono l'antitesi dell'obiettivo prioritario che dovrebbe essere l'interesse dei minori. Si osservano consulenti tecnici che tradiscono il loro mandato e tendono a sostituirsi all'organo giudiziario nel compito prettamente decisionale (tipicamente nel rispondere al quesito a chi affidare/collocare i figli), assistenti sociali investiti di compiti di intromissione nella vita privata e familiare difficilmente compatibili con le salvaguardie costituzionali e sovranazionali (in primis l'art. 8 CEDU: il rispetto della vita familiare).
Per la Cassazione (sentenza n. 13506 del 1^ luglio 2015), la prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e ad un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire congiuntamente è lesiva del diritto alla libertà personale ed alla disposizione che vieta l'imposizione di trattamenti sanitari.
Il CTU aveva individuato una condizione di immaturità genitoriale nella coppia che impediva il reciproco e doveroso rispetto dei ruoli.
Ciò è frequentemente dovuto alla circostanza che gli ex coniugi o conviventi restano invischiati nella gabbia delle recriminazioni e ritorsioni personali.
La prescrizione di un percorso terapeutico ai genitori è connotata da una finalità estranea al giudizio, quale quella di imporre una maturazione che non può che essere lasciata alla loro autodeterminazione.
Accade così che i fascicoli di competenza del Tribunale per i Minorenni restino aperti per anni proprio in funzione di un siffatto monitoraggio, con una delega amplissima ai servizi sociali; mentre analoghe posizioni gestite nell'ambito del Tribunale ordinario vengano definite in tempi ben più brevi.
Laddove poi il fascicolo del Tribunale risulti chiuso, l'eventuale affido dei minori ai servizi sociali comporta che questi ultimi da un lato hanno ricevuto un mandato da un organo giudiziario, ma dall'altro ed in seguito non abbiano più alcun organo delegante di riferimento.
Di qui la sentita esigenza che si possa mettere mano ad una riforma e ad una riorganizzazione di sistema che limiti quanto più possibile gli ambiti di incertezza su chi debba intervenire, su quali siano i compiti dalla legge assegnati ai vari enti, soggetti e organismi che in varia misura vengono chiamati al difficile compito di salvaguardare le posizioni dei soggetti più fragili, spesso schiacciati dal peso di una giustizia complicata e dal volto minaccioso.
la sentenza: Cassazione n. 13506 del 1^ luglio 2015 La maturazione genitoriale non può imporsi